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| Riflessioni di un campione del mondo sul calcio di Serie C e D.
"Esistono giocatori e allenatori che pagano per giocare e allenare in LegaPro e Dilettanti. La colpa principale credo sia di dirigenti senza scrupoli: per questo ci battiamo tanto per la formazione etica. Poi ci sono le famiglie, disposte a pagare un’illusione: ma se devi mettere dei soldi per far giocare tuo figlio, capisci già che non ha un futuro. Perchè questo accade? Perché il calcio è una forma di riscatto sociale. Ma le aspettative creano solo disagi. Io ho due figli: sui campi vedo e sento cose che mi fanno davvero pensare.
Ci sono poi degli errori a monte: l’obbligo di schierare (ricevendo contributi in cambio) i giovani under 21 in Lega Pro e adesso in serie D. Siamo di fronte a un fallimento totale, anche se quando è stata introdotta questa regola si era pensato di fare del bene. Ma nello lo sport la meritocrazia dovrebbe essere intoccabile. Con quel sistema, si dava e si dà l’illusione di poter fare i professionisti a ragazzi che per la stragrande maggioranza poi tornano ai livelli più bassi del dilettantismo. Oppure smettono.
Un altro problema che aggrava lo scenario è il cosiddetto "vincolo": è rimasto solo in Italia e in Grecia ed è una vergogna. Il genitore firma il contratto del figlio dai 14 anni in poi e fino ai 25 anni il ragazzo è legato alla società. Per svincolarsi deve pagare. E questo può chiaramente creare dei meccanismi poco virtuosi. Sarebbe giusto portarlo a 18 anni. Risulta che ci sia anche chi paga per andare in panchina, almeno tra i dilettanti: anche per questo la formazione deve riguardare soprattutto i tecnici. La passione non basta, ci vuole la competenza. E vale anche per le scuole calcio".
[Simone Perrotta]
Fonte: Corriere della Sera.
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